ARGENTINA SUL FILO DEL RASOIO

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Sono giorni e ore drammatiche per l’Argentina.Flop della riunione di martedì a New York tra i fondi avvoltoi dissenzienti, vincitori della causa legale contro l’Argentina, e i rappresentati del governo di Buenos Aires, convocati dal giudice Thomas Griesa, il quale ha incaricato l’avvocato Daniel Pollack di mediare ad oltranza.

Nessuna soluzione infatti è stata trovata per il pagamento degli 1,33 miliardi di dollari più gli interessi agli holdouts. C’è tempo fino al 30 luglio per sperare in un qualche risultato di compromesso,successivamente scatterà per l’Argentina il default, in quanto il giudice USA ha negato allo Stato sudamericano la possibilità di pagare i creditori ristrutturati, se non farà lo stesso con quelli che hanno rifiutato (per pretendere un pagamento integrale) gli accordi di ristrutturazione del 2005 e del 2010.

Il rappresentante del governo argentino, però, uscendo dall’incontro si è mostrato alquanto pessimista, dopo che Griesa non ha accettato la richiesta di Buenos Aires di sospendere il pagamento ai “fondi avvoltoi” (per aggirare così la clausola RUFO), mentre ha invitato le parti a trattare ininterrottamente,fissando già per oggi in queste ore un nuovo incontro.Protesta il governo argentino, che al vertice di martedì non è stato neanche rappresentato dal Ministro dell’Economia, Axel Kicillof.Considerando inoltre la riunione andata a vuoto di ieri, sono pessimi segnali di disinteresse a trattare ai massimi livelli o forse la consapevolezza che un accordo potrebbe non arrivare.

I legali del Governo argentino hanno comunicato che anche presupponendo riunioni serrate con i creditori, non ci sarebbe il tempo materiale per raggiungere un’intesa entro il 30 luglio, data di scadenza del periodo di grazia dei 30 giorni, dopo che l’Argentina non ha potuto pagare la cedola del bond 2033, maturata lo scorso 30 giugno.Solo se i “fondi avvoltoi” faranno un passo avanti, si potrebbe chiudere in tempo.

Come ogni trattativa, potrebbe trattarsi di un rischioso “poker” fra contendenti, perché come spesso capita, le parti si prendono tutto il tempo necessario per trattare, raggiungendo un accordo all’ultimo minuto, in modo da ottenere il massimo beneficio dall’accordo. Ma a pochi giorni dall’ora X, il pessimismo cresce realmente nel paese e non solo fra gli economisti “addetti ai lavori”.Baromentro di questo stato di cose è per eccellenza il “Dolar Blue” (la valuta americana al mercato nero) schizzato ieri a 12,70 pesos, toccando quasi il massimo valore di gennaio (13 pesos).

Il problema è che se l’Argentina pagasse gli 1,33 miliardi ai fondi avvoltoi, si potrebbero fare avanti anche tutti gli altri creditori non ristrutturati e persino quelli ristrutturati, questi ultimi in virtù della clausola RUFO (Rights Upon Future Offers) che concederebbe loro il diritto di avvalersi dei maggiori benefici elargiti agli altri creditori. Il costo dell’operazione ammonterebbe a 120 miliardi di dollari e il paese andrebbe verso un default inevitabile.

Ma se i fondi avvoltoi dissenzienti non accettassero l’ipotesi di ottenere il 30% subito (stessa percentuale riconosciuta ai creditori ristrutturati) e il resto nel 2015 (la clausola RUFO scade il 31 dicembre di quest’anno), lo scenario più probabile potrebbe essere quello di un “default provvisorio” (dalle conseguenze ugualmente molto rischiose) di 5 mesi.

In sostanza con questa opzione l’Argentina non potrà pagare nessuno fino alla fine dell’anno, ma all’inizio del 2015, essendo scaduta la clausola RUFO, i creditori ristrutturati non potrebbero più avanzare pretese dinnanzi a concessioni più sostanziose elargite ai fondi avvoltoi dissenzienti, per cui Buenos Aires tornerebbe a onorare le scadenze, ma potrebbe dover sborsare fino a 15-16 miliardi di dollari, nel caso si facessero avanti anche tutti gli altri creditori non ristrutturati.

La cifra sarebbe ancora alla portata dello Stato (il BCRA ha riseve valutarie in dollari per 29 miliardi), che emetterebbe a parziale compensazione del debito, nuovi titoli di stato, saldando il resto con la liquidità ottenuta intaccando le riserve valutarie.Nel frattempo però, da qui alla fine di dicembre,l’Argentina dovrebbe fronteggiare una massiccia fuga degli investitori dai suoi bond, un ulteriore tracollo del già svalutatissimo peso e l’impossibilità di accedere ai mercati a rendimenti sostenibili per rifinanziare il debito in scadenza e il buco di bilancio.Uno scenario del genere in un contesto di “allegre finanze” già di per se difficile (l’inflazione punta verso il 40% nel 2014) comporterebbe una esplosione dei prezzi,dinamica della quale si è avuto in parte un assaggio nel dicembre 2013 con disordini sociali in tutto il paese (diversi supermercati saccheggiati) dovuti alle continue richieste di adeguamento salariale per tutelarsi da un’inflazione fuori controllo che “divora” letteralmente i salari.

Il Primo Ministro italiano Matteo Renzi e oltre 100 parlamentari italiani hanno espresso la loro preoccupazione e il loro pieno appoggio al Governo di Buenos Aires, sottolineando la necessità di trovare assolutamente un’accordo sul processo di ristrutturazione del debito.

Il Countdown è iniziato,se la mediazione non andasse a buon fine,ciò potrebbe avere gravi ripercussioni non solo per l’Argentina ma a livello internazionale.

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